Dove batte il cuore dei giovani

La settimana scorsa ero in Kenya, a Nairobi, nel quartiere poverissimo di Soweto.

Padre Alex Zanotelli ha iniziato la sua singolare presenza in mezzo ai miserabili in questo quartiere. A lui, che è passato al quartiere di Korogocho (che significa casino), siamo subentrati noi come Associazione Papa Giovanni XXIII, con una presenza piccola ma molti significativa.

Nel quartiere non c’è corrente elettrica, non c’è l’acquedotto pubblico, non ci sono strade ma soltanto strettissimi vicoli, non ci sono pozzi. Un ammasso di baracche e capanne di fango. L’un per cento della popolazione ha lavoro. Il problema è la sopravvivenza.

Ora è iniziato il Rainbow project dell’Associazione Papa Giovanni, già in forte incremento in varie nazioni dell’Africa e America Latina.

Il progetto si basa sul micro credito per dare modo alle famiglie di attuare un business (un affare) nel commercio o nel campo agricolo. Le famiglie sono in grado di sopravvivere attraverso il loro lavoro, la loro iniziativa e il micro credito, e mandare i figli a scuola. L’Associazione inoltre sta attuando altri progetti per il riscatto dei ragazzi di strada e per dare una famiglia a chi non l’ha, con le case famiglia.

Ritornando a Soweto i nostri giovani vivono in una baracca, come tutti gli altri abitanti del quartiere. Se vuoi vivere in mezzo ai poveri non puoi avere nulla di più di quello che hanno i poveri. Nella baracca si vive come fratelli; non per nulla si chiama Baba Yetu che significa “Padre Nostro”. La baracca è punto di riferimento per tutto il quartiere.

Ho chiesto ai giovani di Kikuyu, la famosa tribù dei Mau-Mau perché i musungu (bianchi) avessero scelto di vivere in questo quartiere. Jacqueline, 20 anni ha risposto: «Essi hanno scelto nel loro cuore Gesù»; un altro giovane: «Sono venuti per fare del bene e devono fare il bene». Altri: «sono uomini di Dio».

Venerdì mattina ero a Forlì nell’ora in cui si eseguono gli aborti; il 50% dei presenti erano tutti giovani. Al termine della preghiera, una coppia di giovani sposi che si erano fermati, sono venuti da me e mi hanno detto, commossi: «Stavamo per entrare in ospedale per abortire, abbiamo visto voi che pregavate, abbiamo deciso di salvare il nostro bambino». Tanta gioia da parte dei giovani: una vita di un innocente salvata.

Ora io ho capito meglio i giovani: il loro cuore non è sclerotizzato. I sentimenti di amore, di giustizia, di verità, di uguaglianza, di onestà, sono ancora vivi in essi. Hanno forza di ribellarsi contro un’ingiustizia perché la sentono insopportabile. Essi sentono il fascino del Cristo, perché lui non si adatta al compromesso e chiede o tutto o niente, benché non spenga il lucignolo fumigante, non rompa la canna inclinata.

Per i giovani, gli adulti che sono in sintonia con i loro ideali rimangono giovani. Solo su questa linea è possibile la saldatura tra le varie generazioni. Tutto il resto viene gettato via con rabbia dai giovani come sale insipido.

Concludendo è possibile incontrarsi tra adulti, che sono il vero problema dei giovani, e i giovani stessi su un modo di essere che si esprime in forme sempre nuove, ma è quel modo di essere che è comune sia agli uni che agli altri. Allora un’umanità nuova sorge e la speranza si riaccende.


Tratto da un articolo del “Corriere Romagna”
Rubrica “Per chi suona la campana”–  07/07/2002