Bando all’ipocrisia. Quella donna è nostra sorella

La storia di Giuseppina

I clienti che si sono serviti di Giuseppina non hanno nessun diritto a lamentarsi o a protestare per il fatto che lei non ha rivelato di essere affetta dall’Aids. Coloro che «comprano» le ragazze che sono costrette a prostituirsi o che lo fanno «liberamente» (personalmente sono convinto che nessuna donna si prostituisce liberamente), sanno in partenza che possono contrarre l’infezione da Hiv. Esempio: una donna non sieropositiva che si presta al contatto col maschio senza protezione, può essere stata frequentata poco prima da altri maschi che sono infetti senza che lei lo possa neppure lontanamente sapere. Bando alle ipocrisie: chiunque va con una prostituta sa che rischia comunque.

Giuseppina non aveva il dovere di denunciare il suo stato di salute: prima di tutto una legge, la “185”, le garantisce il diritto a mantenere il segreto sulla condizione di sieropositiva. Perché avrebbe dovuto svelarlo? Perché i maschi concepiscono la donna come uno strumento al servizio del loro piacere? Ma questa è una aberrazione mentale. La donna è donna, persona con tutti i diritti della persona. Una persona che soffre, spera, piange.

Né si può dimenticare che un cliente su tre vuole il contatto senza protezione, che i clienti sono per la maggior parte sposati, ultra trentacinquenni, che esigono queste prestazioni e poi vanno dalle loro mogli. Infine, un altro aspetto aberrante di questo squallido mondo: le coppie che si «scambiano» assieme alle prostitute. In questo caso la protezione risulta di fatto impossibile ed è proprio la perversione sessuale che spinge le persone a comportamenti così disumani.

Noi possiamo fare molto per cambiare questo drammatico cammino. In che modo? Testimoniando e promuovendo ogni giorno la passione per la vita, facendo crescere la vita comunitaria in Cristo, cioè la vita che Cristo dona, vissuta fino alle estreme conseguenze. Vorrei che noi cattolici ci levassimo tutti insieme come una sola persona, non solo «contro» qualcosa o qualcuno ma per difendere e promuovere la vita in tutte le sue manifestazioni: forse allora questo truce mercato sulla pelle della donna troverebbe un argine.

Spesso il silenzio dei buoni è la prima causa dell’imperversare del male.

L’odissea di Giuseppina è un drammatico richiamo a cambiare vita per tutti coloro che l’hanno frequentata e per quanti sono stati contagiati dal virus dell’Hiv. Ma è anche un urlo che va dritto al cuore di quanti tirano a campare nell’indifferenza e nel quieto vivere, ed è per tutti un invito ad assumersi le proprie responsabilità verso ogni uomo e ogni donna che ci passa accanto.

Noi cattolici, in particolare, siamo chiamati a promuovere nella quotidianità silenziosa ma efficace delle case, dei quartieri, dei rapporti sociali e di lavoro mille segni di speranza, a sviluppare la vita comunitaria che esprime il mistero del corpo mistico di Cristo in cui ognuno è membro degli altri e ognuno vive una responsabilità autentica verso il prossimo. Se poi insorgessimo come una sola persona, cesserebbe questo mercato della donna. Se noi tutti promuovessimo nella vita personale e nella società i valori sacrosanti della persona e della famiglia, avremo dato un contributo decisivo al risanamento e alla rinascita della società.

Il silenzio dei buoni è la causa del trionfo del male.


Tratto da un articolo di “Avvenire” – 17/02/1998