Don Benzi dedicò tutta la vita all’accoglienza di ogni forma di povertà. Le tante opere sociali cui dava vita erano delle “punte avanzate” – come usava ripetere – ma intuì che non bastavano. “Non basta prendere la croce del povero su di sé, – spiegava – ma è necessario urlare a chi fabbrica le croci che bisogna smettere. Il silenzio rende complici”. Da qui iniziò le sue battaglie, nonviolente, per “rimuovere le cause che generano l’ingiustizia”.
Renderci insopportabile l’ingiustizia
«Sapete da dove nasce l’ingiustizia? Nasce da una concezione sbagliata della nostra esistenza. C’è un meccanismo perverso: che io considero me stesso distaccato dal mio prossimo e quello che sono e quello che ho lo investo, lo impiego non per il mio prossimo ma per averlo aumentato! Il giorno in cui sentirete che non sopportate più l’ingiustizia, benedite Dio: quel giorno siete nati nella verità.»
(Don Oreste Benzi, intervento alla giornata comunitaria di Verona del 06/10/1985)
Ognuno può costruire la pace
«Ogni uomo di buona volontà ha la possibilità concreta di costruire la pace. Questa volontà di pace universale è sincera se ci impegniamo ad eliminare ogni focolaio di guerra fra di noi, nel nostro paese, qui e adesso. Per ottenere questi risultati è necessario sviluppare in tutti, in ogni età, la coscienza comunitaria, che consiste principalmente in due atteggiamenti: il bene che voglio per me lo devo anche volere per gli altri, il male che non voglio per me non lo devo volere neppure per gli altri. È la regola d’oro che ci ha dato Gesù.»
(Don Oreste Benzi, “Giornale della Comunità Parrocchiale” del 01/01/1992)
La strada della nonviolenza
« Nessuno può tacere sull’ingiustizia e dire: mi sottometto, mi lascio calpestare, mi lascio uccidere. La nonviolenza non è questa, è il superamento dell’atteggiamento dell’altro tendente a distruggerti con un valore nuovo, più grande: il valore del Regno. La nonviolenza è il superamento nell’amore che crea la vita nell’altro e porta un’intelligenza nuova che trasforma la realtà.»
(Don Oreste Benzi, omelia del 31/12/1982)