MESSA COMUNITARIA DEL 27/01/2007 – 4° DOMENICA TEMPO ORDINARIO – ANNO C

(con Battesimo di Simone)

Come vi siete sentiti quando avete ascoltato la Prima Lettura? Vi è mai capitato di vedere un bambino avvicinarsi alla mamma e chiederle: “Mamma, ma tu prima che io nascessi mi pensavi?”. Vi è mai capitato? Voi mamme lo sapete molto bene.

Ma perché un bambino chiede questo alla sua mamma? È il bisogno di sapere di essere sempre stato nel cuore della persona che ti ama: “Anche prima che nascessi, se c’è stato un momento in cui tu non mi pensavi, vuol dire che io non esistevo per te, ma il fatto che mi hai pensato vuol dire che io sono sempre esistito per te”. Se è così, c’è la base sicura e il bambino è sereno, tranquillo.

Sentite le parole del Signore a Geremia. Geremia aveva vent’anni, siamo al tempo di Giosia nel 621-625 a.C. Il Signore gli dice: “Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo. Sapevo chi eri, ma non solo: ti ho pensato affidandoti una missione. Quindi, oltre a conoscere profondamente te, conoscevo anche quello che tu avresti potuto fare e che io ti avrei affidato. Prima che tu venissi alla luce, quando ancora eri nel seno materno, io ti avevo già consacrato, cioè reso sacro e completamente di Dio. Tu eri per me e ti ho stabilito come profeta delle nazioni, cioè come colui che io mando a parlare a tutte le genti”.

La stessa cosa dice ora il Signore a Simone (ndr: il bambino battezzato durante la Messa): “Fin dal seno materno, Simone, io ti conoscevo già. Non solo ti conoscevo ma adesso, proprio nel Battesimo, ti darò quella vocazione che già avevo pensato di darti e poi ti dico anche che tu sarai mio profeta”. E così anche ad ognuno di voi il Signore ha detto: “Io ti conoscevo, ti ho destinato, sono sicuro che tu andrai e camminerai nelle mie vie”.

Tra poco, dopo il Battesimo, daremo a Simone anche la piccola Cresima. Non è solenne come nell’effusione dello Spirito, ma è la prima Cresima, la più fondamentale di tutte, perché il Signore partecipa al piccolo Simone il suo potere sacerdotale, il sacerdozio comune che è per tutti i battezzati. Inoltre il Signore, non solo rende Simone simile a Lui, ma gli partecipa il suo potere di liberazione dal male per salvare l’umanità: si chiama potere regale. Il re, nel concetto di Dio, è colui che fa le leggi per liberare i popoli. Dopo, nel mondo, avviene tutto il contrario!

Poi il Signore gli affida il suo potere profetico, il potere di leggere il cammino della storia, di leggere i segni dei tempi. E non solo, perché una volta che li hai letti tu sei immerso in quell’impegno perché non puoi dire: “Non avevo capito”. Tu hai modo di capire, sei profeta di Dio!

Allora a tutti voi fratelli e sorelle della Comunità, fratelli e sorelle che partecipate a questa Eucarestia e che siete il coronamento di Gesù, dico: “Il Signore ti ha amato, ti ha dato una missione da portare avanti!”. A chi ha la vocazione della Comunità il Signore ha detto: “Tu sarai il mio profeta e mi potrai annunciare vivendo quella vocazione peculiare tua e non di altri, che io ti ho affidato. Tu, attraverso la conformità a me povero, quindi svuotato di se stesso, servo, cioè che si immerge in quell’obbedienza creativa ed infinita che ha ogni persona che si metta nell’obbedienza di Dio, e attraverso la conformità a me vittima di espiazione del peccato del mondo, sarai mio profeta attraverso la condivisione diretta e annuncerai al mondo una nuova umanità”.

Questo è forte ed è dentro di voi!

Dio ti ha pensato sempre così e ti ha voluto bene sempre così. Ti ha amato sempre così ed un giorno, attraverso il cammino della tua storia, capirai che tutto ha avuto un senso, non c’è stato neanche un passo della tua vita che non fosse previsto dal Signore ed al quale tu hai aderito, se hai aderito. Per questo in tutti questi anni di Comunità abbiamo cercato sempre, e siamo stati aiutati in questo dai più piccoli, di non perdere la coincidenza con Dio che viene.

Pur essendo molto limitati e deboli, però il Signore ci dice: “Ti ho guardato con uno sguardo d’amore tutto particolare”. Questo è il dono.

Nella seconda lettura il Signore ti dà la chiave di soluzione.

Vedete, io distinguo tre gradini nel cammino della vita spirituale. Il primo è questo: “Signore, io do tutta la mia vita per te”. In che senso? Nel senso che non ho altro scopo nella mia vita se non quello di portare avanti tutto il bene, in un certo senso tutto ciò che tu fai, Signore, ciò che tu hai compiuto, tutte le tue parole mi hanno preso e le seguo. Sono come illuminato, perché non c’è un’altra forma di vivere seguendo te se non la particolarità della mia vocazione.”

Questo è il primo gradino: sono come preso da questa vigna di Dio, però corro il rischio di amare più la vigna che il vignaiolo, più la canzone che il cantante, per cui mi lascio travolgere. Questo è un gradino.

Poi c’è il gradino definitivo, fondamentale che è questo: “Signore, tu mi hai conquistato”.

Parlando con dei bambini ho chiesto che differenza c’è fra amare e voler bene e una bimba mi ha risposto: “Voler bene è come l’amicizia, amare ti entra nel cuore e non si stacca più”.

Quando Gesù è entrato così in te, allora sei un profeta di Dio in pienezza, perché diventi amore purissimo come l’amore di Dio che è amore e basta! Non è più condizionato dal successo o dall’insuccesso, non è più condizionato dagli applausi o dai fischi, non è più condizionato dall’essere capiti o dal non essere capiti. Queste cose ormai sono passate, sono un’altra persona, ho capito che questo Dio mi ha liberato totalmente: “Signore, hai spezzato le mie catene, ora sono completamente tuo”.

Non ci sono più i turbamenti… o meglio ci sono, mamma mia! Ci sono, ma vengono superati dal fatto che Cristo è entrato dentro di te e non si stacca più, mentre nel primo gradino i turbamenti sono feroci: tempeste, cadute, venir meno perché tutto quello che faccio non mi può bastare e quindi entro nella crisi della stanchezza.

Anche Geremia, dopo essere stato affascinato, sedotto da Dio che gli ha detto: “Vieni, sei il mio profeta”, ha visto persecuzioni, botte, incomprensioni, stanchezze. È arrivato a dire: “Signore, ma perché mi fai vivere ancora? Toglimi via!”. È arrivato al punto (cfr. Ger 20) di dire al Signore: “Mi hai sedotto”, in altre parole “mi hai fregato”. “Mi hai preso e adesso guarda! Mi avevi detto che era bello essere tuo profeta e invece botte di qua, maledizioni di là. Sono rimasto solo, nella melma che mi arriva fin qui (era stato gettato in una cisterna). Signore, non parlerò più di te, basta!”. Poi però grida: “Ma ho un fuoco dentro di me che brucia, per cui mi sono arreso ancora ed ho detto il mio sì a te, mio Dio”. Il secondo grado porta alla luce piena di Dio.

Poi c’è un terzo grado nel quale, oltre ad entrarti nel cuore e non staccarsi più, tu entri nella contemplazione, finalmente sei in quella luce e dici: “Non ragiono più alla moda degli uomini, ma secondo Dio”. Il fuoco di Cristo brucia e ti spinge ad avere quella carità, quell’amore purissimo di Dio che ti porta avanti, ti conquista e ti dà la grande pace anche nella morte, anche nella persecuzione, anche nel sacrificio. Ormai sei sbarcato sulla terra di Dio, ma proprio perché sei su quella terra, sei sbarcato nel cuore degli uomini e ti preme soltanto la loro salvezza.

“Che cercherò più nella mia vita? Nulla, perché ho te e con te io ho tutto!”. Questo è il canto della seconda lettura. Sarebbe bello se stasera, in ogni ambito in cui vivete, prendeste questo testo ed incominciaste a dire insieme con schiettezza: “Io ce l’ho questo amore purissimo di Dio”, perché ti riempie totalmente e quindi non c’è più niente da cercare, anche se la tentazione si fa presente.

Cominciate a dire fra di voi: “La carità, agapao, amore puro, è paziente”, cioè capace di accogliere l’altro com’è, in qualsiasi situazione si trovi, e di soffrire perché diventi come deve essere. Non si attacca l’altro, non gli si dà contro come ad un nemico che mi dà fastidio. Ormai non sei più il dio della tua vita. Ditevelo stasera nelle case famiglia, nelle case di fraternità.

“È benigna la carità”, cioè l’amore sa capirti come tu non sai capire te stesso. Come il tossicodipendente che è un malato d’amore che non sa amare se stesso e neanche gli altri e perciò si distrugge. “Non è invidiosa la carità”. Gesù è stato messo in Croce per invidia dei capi, Lo hanno fatto fuori. E tu quanti ne hai fatti fuori nella tua vita? L’invidia, per cui si parla male degli altri! Uno mi ha detto: “Ma se non si parla male degli altri, di cosa si parla?”. Confessatevi gli uni gli altri, come dice la Scrittura.

“Quando ero bambino parlavo da bambino” e facevo i capricci da bambino. Sussurra al tuo fratello: “Sei ancora imprigionato nei tuoi capricci o sei esente?”. È la domanda più bella che potete fare ai vostri fratelli. Chiedete: “È tutto qui il tuo amore a Cristo?”. Chiedetevelo spesso e allora attingerete alla gioia, perchè scoprirete che la nostra libertà è l’amore purissimo, pieno e totale di lui per noi e per il nostro prossimo. Allora capirete quanto tempo avete perduto dietro alle vostre rivendicazioni. Alle vostre, non a quelle dei fratelli!

Infine anche nel Vangelo troviamo il biglietto di presentazione di Gesù che è stato dato domenica scorsa. Gesù riprende il brano letto, Isaia 61, in cui il Signore dice: “Lo Spirito del Signore è sopra di me e mi ha unto con l’unzione”, cioè mi ha fatto essere Messia, Salvatore, Dio che viene a guidare il suo popolo. “Egli mi ha mandato a spezzare le catene ai prigionieri, a liberare gli oppressi, ad iniziare una nuova era per i poveri”, quindi per l’umanità. Gesù dice che quella parola in lui si adempie. Allora cercano di ucciderlo ma egli va via perché non era arrivato il suo tempo.

Và, annuncia Cristo con la condivisione diretta! Non temere, qui è la sorgente della soluzione di tutti i problemi. “Non temere, io sarò sempre con te!”, dice il Signore.

Preoccupatevi di non essere mai degli impiegati di Dio o degli impiegati della carità, ma sempre dei propulsori di un amore infinito che è capace anche di dare la vita per liberare i fratelli.

Non preoccupatevi mai di sedervi, non preoccupatevi delle ginocchia tremanti e delle braccia cadenti. No! Però tutto questo avverrà quando sarete un cuor solo e un’anima sola. Finché non si raggiunge questo, sarà difficile, perché sarai diviso dai tuoi fratelli. Ma da chi? Da te, perché sei tu che ti separi.

Non dire mai: “La colpa è loro!”. Nell’amore puro non c’è mai il puntare il dito, l’amore puro è solo soffrire perché il fratello non è come vorresti che fosse. Questo vale anche per gli altri, perché chissà come sei tu!

Cantate, gioite, scrivete: “Ivi è perfetta letizia”.

Leggete oggi di nuovo tutta la Carta di Fondazione alla luce di queste parole. Capirete tutto.


Messa Comunitaria Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Parrocchia La Resurrezione, Rimini
Letture 4a Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30